Nel derby tra amaranto finisce in parità: 1-1 tra Livorno e Arezzo
IL PUNTO – Nello sport, come nella vita del resto, esiste la pazienza, ma ad un certo punto arriva la goccia che fa traboccare il vaso, anche del tifoso più benevolo, di quello più paziente. Una serie di eventi che portano inevitabilmente a stancarsi di una situazione che ha del paradossale.
Dopo una retrocessione, vissuta con rabbia e delusione (dopo 4 vittorie nelle prime 4 giornate), il Livorno era ripartito con gli ottimi propositi del caso, la squadra da battere dopo Alessandria e Cremonese, dicevano. Ma l’a realtà è ben presto venuta fuori. Una squadra che tanto squadra non è, un’accozzaglia di giocatori messi lì.
Metà svincolati, metà in prestito. Come sempre, il mercato “autofinanziato” come direbbe il buon presidente Spinelli. Ma va beh la fiducia in terra labronica viene data a prescindere, specialmente se a tornare in società è uno come Igor Protti, che di Livorno ha le chiavi della città. Ma dopo un quarto di campionato disputato, con appena 15 punti racimolati ( -13 dall’Alessandria prima, – 8 dalla Cremonese seconda ) e un ottavo posto paradossalmente più vicino all’ultima posizione che alla prima ( -10 ), perderebbe la pazienza anche un santo. E purtroppo non possono essere esenti da colpe i calciatori, l’allenatore e soprattutto la società.
Gli infortuni che il Livorno ha subito durante questa prima parte di campionato non possono e non devono essere tralasciati (anche oggi infortunato Maritato dopo appena 15 minuti, ndr), ma non possono essere un alibi. Questa squadra non ha mordente, non ha cattiveria (e a Livorno questo già basta per farsi voler bene), oltre a non avere la benchè minima idea di gioco. E qua si arriva al mister. Claudio Foscarini. La cui professionalità non si discute, opinabile invece il modo in cui fa giocare i suoi, incapaci oggi contro l’Arezzo di creare almeno un’occasione nitida da rete, ma solo tanta confusione, nonostante il doppio vantaggio numerico (la squadra ospite ha perso due giocatori al 24° s.t. per espulsione). Scelte un po’ astratte quelle del tecnico amaranto, che sostiuisce Luci (uno dei migliori in campo) per Cellini, senza modificare l’assetto tattico, mantenedo 4 difensori a marcare l’unico uomo d’attacco dell’Arezzo, Polidori. Insomma una situazione ai limiti del paradossale, che ha fatto davvero alterare tutta la piazza, stanca e arrabbiata, soprattuto col presidente Spinelli, contestato da ormai inizio stagione, reo di non aver allestito una squadra all’altezza del campionato.
E purtroppo anche i numeri confermano tutto ciò. Il Livorno ha segnato appena 9 reti in questi campionato, ed è il 5° peggior attacco del girone A, solo 4 punti su 15 in trasferta, e soprattutto tutte le vittorie del Livorno hanno come minimo comun denominatore, il fatto di essere tutte col minimo scarto (quattro vittorie tutte per 1-0).
La rotta va invertita, così si rischia davvero di creare un clima ostile, che non serve a nessuno. Ed è vero che i tifosi devono sostenere la squadra, ma è anche vero che dall’altra parte deve essere dato modo e maniera di poterlo/volerlo fare. E ad ora non c’è. Una cosa è importante nella città labronica “il nome che hai davanti la maglia è più importante di quello che hai dietro”. Un insegnamento che i giocatori amaranto dovrebbero far suo.
samuele.messerini@gmail.com