L’ex dirigente della Carrarese Calcio Walter Devoti lancia una dura critica contro la nuova politica sui giovani calciatori adottata dalla Lega Pro. Da quest’anno in Seconda Divisione le società potranno accedere ai contributi federali schierando una formazione con età media di 24 anni, mentre in Prima Divisione il ventaglio medio da rispettare sarà tra i 21 e i 25 anni.
«Qui stiamo facendo un danno al calcio». Commenta Devoti, che boccia senza remore le nuove disposizioni. «Dare incentivi sui giovani va benissimo. Non va bene introdurre regole che praticamente obbligano a non far più giocare calciatori di una certa età. Questo è grave, perché secondo me certi giocatori esperti sono determinanti per la maturazione e la crescita delle nuove generazioni. Gli aspetti fondamentali per il lancio dei giovani sono le strutture, gli istruttori, ma anche i calciatori più navigati. Sono deluso da questa regola, perché rappresenta una discriminante per i giocatori più esperti, che sono un fattore decisivo per la crescita e la maturazione delle nuove leve. In realtà il vero problema del nostro calcio è la mancanza di dirigenti. Non si può puntare sui giovani per legge, non si costruisce un settore giovanile per obbligo. Intendiamoci – spiega l’ex dg azzurro – se c’è uno che crede nella forza dei vivai sono io e la Carrarese lo ha dimostrato nei decenni 80′ e 90′. Potrei fare un elenco lungo pagine di giocatori che abbiamo lanciato dalla C in serie A e B. Non solo giocatori, anche allenatori come un certo Marcello Lippi che dalla Carrarese andò ad allenare il Cesena in A. Dico di più: con l’attuale regolamento un fenomeno come Marco Cacciatori non avrebbe più potuto giocare in C, raggiunta una certa età. Eppure lui, quando venne ripescato dai dilettanti, dove era finito dopo gravi problemi di salute, riuscì a giocare fino a 37-38 anni. Vorrei ricordare anche Aquilino Bonfanti, Mario Faccenda che è stato un esempio qua a Carrara, Moreno Ferrario o Renzo Gobbo. Ragazzi che aiutavano i giovani nella crescita. I nostri calciatori più giovani ebbero grandi benefici grazie alla presenza in squadra di figure di questo tipo. Nel 1997-98 oltre a Giampiero Vitali, che fece un capolavoro, ad essere determinante per la nostra salvezza fu l’ingaggio a gennaio di Chicco Evani. Quello fu l’ultimo anno da professionista per Evani, una figura importantissima per i nostri giovani. A fine campionato – rivela Devoti – Evani durante un allenamento a Luni mi chiamò da parte e mi disse: “Direttore, non ho più la testa di allenarmi, non me la sento più e non mi va neanche di rubare i soldi alla gente”. Lasciò 200milioni di lire, lordi, alla Carrarese. Questi sono uomini veri che insegnano i valori ai ragazzi. Nella Carrarese attuale ho grande stima di un calciatore come Fabrizio Anzalone. Io l’ho visto in campo, come incita i suoi compagni, come li guida. Ecco secondo voi un giocatore così non farebbe comodo in ogni squadra? Questi ragazzi sono dei leader. Faccio un esempio ipotetico, quello di un ragazzino talentuoso che ha imparato a giocare per strada. Se questo ragazzino, quando arriverà a giocare a certi livelli, non avrà la fortuna di incontrare compagni più esperti che gli daranno insegnamenti importanti, che lo aiuteranno ad inserirsi e che gli faranno capire quali comportamenti adottare fuori e dentro il campo, ebbene, questo ragazzino rischierà di perdersi per strada. Non lamentiamoci poi che i campionati di serie C sono scaduti di qualità. Simone Vergassola, che vendemmo alla Sampdoria, quando andò a Genova ricevette grandi benefici dal fatto di giocare al fianco di Evani o Mancini. L’ambiente fu fondamentale per lui. Davide Ratti, altro talento, probabilmente non ha avuto la stessa fortuna di trovare un ambiente particolare, altrimenti forse anche lui avrebbe giocato in serie A come Simone. Ricordo Moreno Ferrario quanto se la prendeva con i compagni se questi non rispettavano un’alimentazione particolare. Io non ho mai visto Ferrario bere un bicchiere di vino. Era un esempio per tutti. Queste sono cose determinanti. Secondo voi deve giocare un ragazzo perché ha un’età scritta sulla carta d’identità, o perché sa giocare al pallone? In Italia parliamo tanto di meritocrazia, ma se la meritocrazia è questa, siamo fuori strada. La cosa che mi fa più dispiacere – continua Devoti – è che non ho ancora visto da parte dell’Associazione Italiana Calciatori prendere una posizione netta in favore dei loro colleghi. Ci sono ragazzi con famiglie a carico che rischiano il posto di lavoro. Ho chiamato anche amici che sono nell’associazione proprio per lamentarmi di questo. Quest’anno un calciatore nato nell’88 rischierà di non giocare. Se non gioca perché ci sono dei ’90 o ’92 più forti di lui, mi sta bene, ma se l’88 non gioca perché esiste una regola come quella appena nata, allora non mi sta più bene. Dal prossimo anno allora non giocheranno più gli ’89, poi gli ’90 e così via: è una regola assurda, che rischia di cancellare quei talenti che non avranno la fortuna di esplodere subito. Così rischiamo di buttare via delle generazioni».