Grazie al 2-1 sulla Repubblica Ceca la Nazionale si qualifica con due turni di anticipo per i mondiali di Brasile 2014, record per la storia degli azzurri. E’ il coronamento di buona parte del lavoro del CT Cesare Prandelli, una vera lezione di stile e gioco che l’intero movimento farà bene a non dilapidare.
Rio, eccoci. Nel modo più perentorio e forse meno tradizionale possibile l’Italia di Buffon e Pirlo, ma soprattutto l’Italia di Cesare Prandelli si qualifica con due turni di anticipo per la fase finale dei mondiali, che si svolgeranno l’estate prossima in Brasile. Un inedito assoluto per la nostra nazionale, più che altro abituata a soffrire sui campi di tutta Europa, soprattutto in questo periodo, prima di sprintare in pieno inverno verso la qualificazione. Un traguardo peraltro già annunciato dal brillante cammino di una squadra che, nata dalle ceneri del mondiale sudafricano, il neo CT ha ben presto fatto diventare l’icona non semplice di un’idea al servizio di un risultato, e non viceversa. Una filosofia, non solo di gioco, ma anche di comportamenti e di sensibilità, che Cesare Prandelli ha voluto far indossare a tutti i suoi ragazzi, e più in generale a tutto l’ambiente azzurro, con il suo stile pacato ma efficace. La lezione del CT non ha tardato a dare i suoi frutti, forte di una convinzione che lo stesso Prandelli ha subito portato in azzurro. La forza del gioco, la vittoria della tecnica sulla rinuncia, la coerenza delle idee vincenti sulla semplice speculazione. Dietro questi concetti di fondo il CT si è subito mosso con saggezza e indiscussa capacità umana, oltre che tecnica, riuscendo anche lì dove molti suoi colleghi si erano fermati. I rapporti con le società di club infatti si sono poco a poco quanto meno ammorbiditi, il momento dell’approdo azzurro è diventato per molti giocatori uno spiraglio di luce in settimane di tensione. Da qui la costruzione delle fondamenta, gli inserimenti dei nuovi, le splendide prestazione degli Europei 2012. Da qui lo stesso cammino di Rio 2014, intrapreso con decisione e consapevolezza dei propri mezzi, ma mai con superficialità, fino alla vittoria decisiva che anticipa la qualificazione e lancia gli azzurri verso un ruolo sicuramente importante anche in Brasile. Ma la “lezione” di Cesare va ben oltre, e guai a minimizzarne gli effetti negli anni a venire. Prandelli è stato un abile ammiraglio che ha guidato da par suo un elegante veliero nel mare turpe e tempestoso del calcio contemporaneo, e in particolare di quello nostrano. Alle prese con bilanci in rosso e mancati investimenti, ma quel che è peggio con politiche miopi e valanghe di stranieri. Da lui è arrivato il subliminale messaggio al coraggio, all’iniziativa, alla crescita fondamentale di quei giovani, che sono tanti, e che solo attraverso l’idea del gioco al di là del risultato potranno centrare l’obiettivo vero a lungo termine. Solo così vincerà il calcio, insieme alla sua Nazionale. Sarà bene rifletterci, chiunque arrivi anche dopo il CT che ci guiderà in Brasile. Solo così non butteremo via la vera “lezione” di Cesare Prandelli.