Ci ha lasciato Mario Mazzoni: una perdita enorme, incolmabile.
Lo avevamo visto, emozionato e presente come sempre, nei giorni scorsi per i festeggiamenti del 50° anniversario dello scudetto 1968-1969.
Mario, per tutti noi, è stato l’esempio vivente di quanta umanità ci possa essere in un mondo come quello del calcio continuamente piegato ad interessi economici.
Mazzoni, oltre ad essere stato un grande protagonista della storia viola, è stato un uomo animato da profondi valori, capace di dare lezioni di vita prima che di calcio.
La sua pungente ironia, la risata schietta, la battuta con cui apostrofava un personaggio o una situazione, era l’inizio di un racconto, di una riflessione, di un’esperienza che … faceva bene!
La sua storia di lavoro, venticinque anni da allenatore delle giovanili, e, quando ce ne fu bisogno, della prima squadra, è stata, innanzitutto, una grande storia d’amore per la Fiorentina.
La stima, l’affetto, il ricordo vivo degli atleti che ha allenato (alcuni sono diventati campioni, tutti sono diventati uomini) è la dimostrazione di quanto sapesse lavorare nel profondo, della sua abilità di formatore di calciatori, e di uomini.
Così come il ricordo che ha lasciato, a decenni di distanza, a Bari, squadra di cui fu capitano e bandiera.
Nei tifosi viola è passata alla storia la finale di Coppa Italia del 1975, vinta dalla Fiorentina con Mazzoni in panchina. Un episodio bellissimo, certo, ma riduttivo rispetto al valore di Mario.
Per il Museo Fiorentina, Mario in tutti questi anni tracciava la via … un punto di riferimento fondamentale, con la sua disponibilità, la sua travolgente umanità, il suo sapere calcistico accompagnato da un’ironia tutta fiorentina.
Ciao Mario!