Eravamo quattro amici…al Berta!

Sono tornato dal libraio per raccomandargli di ordinarne altre copie. E gli ho raccontato qualcosa di “Viola! Viola! Duce! Duce!” un libro che avvince, commuove, fa riflettere, arricchisce anche culturalmente con grande equilibrio nella narrazione storica.20140426-195240.jpgFrancesco Russo racconta di passioni – per la Fiorentina, per una donna e per un’ideale -, di amicizia – i quattro tifosi di Brozzi con lo stemma dell’ex-comune sulla bandiera -, di guerra che incombe, di quotidianità, con una delicata costante attenzione al dettaglio che ti raffigura il descritto, siano i lineamenti delle persone o i colori e profumi dei luoghi. Al punto che il dialogo a volte quasi lo vorresti più vicino al tuo sentire, più “brozzese”, mentre l’autore sceglie di non indulgere in accattivanti inflessioni vernacolari e mantenere un parlato quasi sempre asciutto.

Graziano, il più piccolo dei protagonisti, il fulcro narrativo, cresce pedalando attraverso la campagna incontro al suo destino, in bici va allo stadio, si sposta dalla casa dei nonni a Rifredi vicino alla scuola a quella dov’è nato a Brozzi, sulla sua strada il mito di una giovane adolescente un po’ strafottente, e l’attrazione per l’amica di lei, più terrena, che poi lo corrisponderà.

Il Montini coltiva ideali socialisti pur figlio di un funzionario del fascio, frequenta il ginnasio ed è una sorta di antesignano presidente di viola club.

Il Gigli frequenta già le ragazze e sa che quando serve ci si può vestir bene e farsi una passeggiata per dimenticare. E poi Barnaba, l’amico affascinato dall’amor di patria, dalla conquista di una terra straniera da consegnare ai figli che avrà, pronto ad arruolarsi volontario.

Ti chiedi come dev’esser stato davvero, e vorresti esser lì con loro, andare in centro per ascoltare il notiziario alla radio e sapere il risultato della Fiorentina, o scazzottarsi per difende una bandiera con lo stemma del tuo quartiere. Ma poi rabbrividisci al pensiero di ciò che quei ragazzi avrebbero trovato sulla loro strada di lì a pochi anni. Quegli anni che alla fine – assolutamente d’effetto e ben riuscita – ti piacerebbe che Francesco Russo continuasse a raccontarci.

Edoardo Novelli