Alberto Ricciardi parla della Carrarese Calcio. Il patron della Fermet, da due anni sponsor ufficiale della Carrarese Calcio, è stato intervistato da Il Tirreno a pochi giorni dalla sfida contro la Feralpi Salò del suo amico Giuseppe Pasini. Durante l’intervista Ricciardi lancia un segnale d’allarme e un monito a tutta Carrara per il rilancio di un progetto concreto e duraturo che possa dare nuova linfa alla squadra cittadina. In caso contrario anche “Mister Fermet” si troverebbe costretto a fare un passo indietro.
Ecco le parole di Alberto Ricciardi:
«Il futuro della Carrarese? Non uso mezzi termini. Sono stato molto chiaro fin all’inizio, quando avevo detto che in zona non ci sono le condizioni per poter sostenere una squadra professionistica come questa da parte di uno o pochi singoli. Io preferirei cose più concrete, e quindi molto più duratura, chiamiamolo pure un “progetto di lungo respiro”, ma c’è bisogno di almeno una decina di famiglie di imprenditori, quelli consolidati sul territorio, che dal territorio traggono le loro fortune, il loro guadagno e il loro benessere. Secondo me, se c’è una squadra che va bene, che porta risultati, bisogna darle una mano. Abbiamo visto che la Carrarese crea entusiasmo nella città, e l’entusiasmo è il motore del mondo, che aiuta tante situazioni, anche se non sembra. Per quanto mi riguarda, sono venuto a Carrara, io lavoro il ferro e non mi risulta che a Carrara ci siano cave di ferro. Io dunque sono venuto qui non a prendere, ma a investire. Ringrazio il territorio che mi ha accettato. Qui sto facendo il mio lavoro, e per questa ragione cerco di avere un’attenzione a quella che è la questione della città di Carrara. Il mio contributo l’ho dato fin dall’inizio e, per le mie disponibilità, sono disponibile a continuare a darlo, però chiaramente voglio vedere qualcosa di concreto. Se si tira avanti un progetto di due o tre persone, io a una cosa del genere non credo. Spesso sui giornali continuo a leggere della cordata Gaspari-Sacchelli-Ricciardi: chiarisco subito che io non faccio parte di nessuna cordata. Sono un libero cittadino e sono disponibile a dare un contributo per questa città, però non appartengo a nessuna cordata e soprattutto non credo ad un progetto formato da due persone e basta. Se, invece, siamo in tanti, si può fare perfettamente. Poi la mia idea sarebbe sempre di inserire un 30% di azionariato popolare, perché i tifosi non possono essere tali solo quando le cose vanno bene; devono venire in consiglio d’amministrazione e rendersi conti dei numeri della società. Ecco, a un progetto del genere mi sentirei di partecipare. Altre cose non mi interessano, perché non potrei investire su un progetto a cui non credo. Potrei dare al massimo un contributo, ma senza essere coinvolto. Questa è sempre stata la mia idea».
Ma ci sono – chiede il Tirreno – presupposti o passi avanti per creare quello che intende lei?
«Non ne sono a conoscenza. Mi dispiace veramente tanto per l’addio di Nelso Ricci, perché lui era una componente importante. Io credevo in questo progetto, quando però alla base c’era una dirigenza con le capacità di Nelso Ricci, insieme ad una persona come Gigi Buffon che è l’uomo di rappresentanza e catalizzatore della società. Mi dispiace, perché c’erano tutte le potenzialità per fare un buon lavoro qui e invece le abbiamo vanificate. Mi dispiace per quello che ha fatto Ricci, ma non mi sento di biasimarlo o condannarlo. Lui è stato qua sei-sette mesi e non serve un anno per controllare i conti di una società. Quindi delle due l’una, e non voglio prolungarmi. Ricci si era messo lì a disposizione, poi è chiaro che c’è un libero mercato. Chi aveva idee più chiare e più disponibilità lo ha cercato e giustamente Ricci ha fatto i suoi interessi. Sono convito che lui ha sicuramente provato un grosso dispiacere andandosene; io lo stesso, ma non lo biasimo».
Comunque tiene sempre aperta una porta, se questa cordata ampia dovesse finalmente farsi avanti.
«Se c’è la volontà di voler bene alla città, le persone si mettono insieme e si crea un progetto. Altrimenti è inutile che in pochi vogliano vedere la squadra in C piuttosto che in D. Vorrebbe dire che sostanzialmente la città non ci crede. Altrimenti dobbiamo dire realisticamente che il territorio è questo: la squadra va bene in C, ma una squadra non può andare bene a 500-1000 tifosi. La città è abitata da 60-70 mila persone ed è inutile accontentare 1000 tifosi, mentre gli altri stanno a casa».
Quindi si auspica un progetto ambizioso per fare la serie B?
«L’importante è che ci siano progetti concreti. Non dico di andare per forza in serie B. Io dico che possiamo rimanere anche dove siamo, però non è detta che ci rimaniamo. Per ora noi viviamo di luce riflessa di ciò che si è costruito nei mesi scorsi. Finora avevamo Ricci alle spalle che ci dava una grossa mano. Adesso non c’è più e questo mi preoccupa tantissimo. Bisognerà vedere cosa succede da questo momento in poi. Adesso bisognerà trovare persone che siano capaci. Se però le persone capaci le mandiamo via o le facciamo scappare, allora diventa tutto più difficile. Bisogna che la città si interroghi, faccia un mea culpa. Non si può soltanto sparare addosso agli altri, ma guardarsi allo specchio e chiedersi: cosa ho fatto io per far si che uno uomo così (Nelso Ricci ndc) rimanesse qua? Ora bisogna fare anche questi ragionamenti».