Una carriera non sfavillante, passata a calcare i campi di squadre non di prima fascia tra seria A e serie B, e una perla splendente durante una notte magica.Il calciatore trevigiano più rappresentativo della storia recente italiana è senza dubbio Alessandro Del Piero, che da Conegliano Veneto ha sposato la Vecchia Signora a 18 anni e mezzo facendone la storia, come tutti ben sanno.
Allo stesso modo, però, non tutti conoscono o ricordano un altro giocatore – da Valdobbiadene, Treviso – che nella sua carriera ha invece girato diverse piazze tra la serie A e quella cadetta: Mauro Bressan. Classe 1971, anche lui diciottenne si affaccia sul prestigioso palcoscenico di San Siro, sponda rossonera, ma la assapora solo per un paio di stagioni, chiuso in quel Milan stellare dai campioni olandesi che – guidati da Arrigo Sacchi – facevano incetta di trofei.
Nel 1991 lascia la compagine meneghina e inizia la sua quasi ventennale peregrinazione, in cerca di una consacrazione difficile da raggiungere sull’erba di Perugia, Como, Foggia, Cagliari e Bari.
Proprio la positiva esperienza tra i galletti pugliesi dà a Mauro – vicino ai 30 anni – una nuova, irrinunciabile chance: la chiamata della Fiorentina, stagione 1999-2000, in un anno in cui i gigliati sono iscritti anche alla Champion’s League; poco campo e tanta panchina per l’esterno destro, con tanti ingressi a partita in corso e pochi lampi.
Uno di questi, però, è stato davvero abbagliante.
2 novembre 1999, girone di Champion’s, allo stadio Franchi di Firenze arriva il Barcellona: le aspettative sono tutte per i bomber Balbo e Kluivert, per l’imminente pallone d’oro Rivaldo, per i grandi amici lusitani Rui Costa e Luis Figo. Ma tra tutte queste star del panorama mondiale uno spazietto se lo ritaglia proprio lui, l’esterno di Treviso, con un gesto tecnico da far strabuzzare gli occhi e strappare applausi anche a loro: cross rasoterra dalla destra di Chiesa ribattuto dalla difesa, palla che si alza ed esce di qualche metro dall’aria, leggermente spostata sulla destra, tentativo di recupero di un gigliato e palla a campanile, un rimbalzo a terra e…spalle alla porta – a circa 20 metri – eccolo lì, il centrocampista spinge sul sinistro e carica il destro. La rovesciata è stilisticamente perfetta, la traiettoria – all’incrocio dei pali – pure: Arnau, portiere blaugrana, è qualche metro fuori dai pali, letteralmente sorpreso dalla palombella di quel numero 21 di cui probabilmente fino a quel giorno sapeva solo il nome.
Dopo quella sera non cambierà la storia di Bressan da Valdobbiadene; una volta chiusa la parentesi biennale in Toscana, cerca conferme – vanamente – a Venezia, nella Genova rossoblu e a Como, prima di emigrare, in silenzio, in Svizzera.
Non tutte le carriere possono essere scintillanti di trofei e medaglie, nel calcio chi si può fregiare di tali meriti o onori è solo una parte esigua di tutti quei giocatori che cercano fortuna tirando calci ad un pallone. Mauro ha fatto il suo, solo lui sa se avrebbe potuto fare di più.
Certo è che un gol così – contro una delle squadre più forti del mondo, in una partita di Champion’s, davanti a milioni di spettatori – non l’hanno fatto tutti. Mauro sì.
Claudio Mastrodonato