Le parole di mister Dal Canto:
“È stata lunga perché dovevo risolvere il discorso della rescissione del contratto con l’Arezzo, siamo andati per tempi maggiori rispetto a quello che pensavamo. Normale che quando c’è una società che ti vuole e la volontà è di venire si aggiustano sempre le cose. Con qualche montagna russa, ma succede. Ho avuto un ottimo impatto con il vice presidente Federico Trani e con il direttore sportivo Davide Vaira, si è trovata subito una chimica. Ho percepito grande fiducia e grande volontà di avermi qua, avrei fatto fatica a non venire in una società così blasonata. La chiamata di una società come il Siena fa gola non solo a me. Non mi sono fermato al campanilismo delle tifoserie. Credo di aver lavorato professionalmente bene ad Arezzo e farò altrettanto a Siena”. Ad Arezzo sono stato bene, sono stato trattato bene ma il mio lavoro era terminato, ho avuto la percezione che la cosa dovesse finire. Questo non vuol dire che non poteva essere migliorato il progetto Arezzo. Era il mio percorso che era difficile da migliorare. Ho una mia idea di come sono andate le cose, ho le mie ambizioni e ho preferito fare una scelta differente. Se poi la gente si diverte a dire dell’altro, dormo uguale. In tutto il minestrone del calcio l’anello debole è l’allenatore. Se l’anno dopo le cose vanno male, la prima persona che salta sono io. Ad Arezzo siamo partiti con un programma di basso profilo, l’obiettivo principale era la salvezza e siamo arrivati a giocarci una semifinale per andare in B. Qui a Siena la società si è strutturata per concorrere a grandi obiettivi, la partenza e la responsabilità sono diverse. Mister Mignani ha prodotto un certo tipo di calcio e la società ha cercato un allenatore con la stessa identità. Se l’ho sentito dopo aver firmato? Sì, secondo me è una prassi corretta informarsi sul dove si va, una cosa doverosa aldilà del fatto che siamo amici. Michele ha fatto due signore stagioni, il calcio passa anche da episodi. Sono partito ad allenare i giovani e resto dell’idea che tutti gli allenatori dovrebbero lavorare nei settori giovanili. Perché puoi sbagliare senza che il ragazzo se ne accorga, è una palestra fondamentale. Io, senza volerlo scegliere, ho fatto un percorso inverso, iniziando subito ad alto livello, perdendo la finale per la A col Padova. L’anno successivo abbiamo fatto un campionato ad alto livello, con tante aspettative, e o non ero pronto o non era la mia ora. Poi sono andato scendendo, ho commesso degli errori. Ora sono diventato più maturo, il corso degli eventi mi ha cambiato, ho avuto la fortuna di incontrare Lamma che mi ha equilibrato, oggi professionalmente sono una persona migliore. Vivo la mia professione non più con ansia. Belmonte? L’ho sempre chiesto da allenatore. Si appresta a fare un lavoro nuovo, deve stare sereno, professore non è nato nessuno. Ad Arezzo ho allenato un gruppo di ragazzi bravi, di grandi qualità. Il gruppo che c’è a Siena mi sembra molto simile a quello di Arezzo. Il mercato? Valuteremo dove intervenire durante il ritiro. Serrotti? La trattativa l’ha esclusivamente intavolata il direttore. E’ un giocatore che volevano tutti, ha fatto 40 partite a ritmo elevato, aveva richieste dalla B. Sono contento di avercelo io. Può coprire tutti i ruoli, ha grande qualità, è arrivato tardi perché ha commesso errori prima, che possono essere di vario tipo. Non è possibile che abbia fatto solo 4-5 anni di Lega Pro”. Foto: Fabio Di Pietro
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